
Quando in azienda parliamo di ruoli, di mansioni e di responsabilità, il più delle volte lo facciamo non avendo reale percezione di cosa possano significare e quali implicazioni si portino dietro questi termini.
L’Italia è composta, per lo più, da quelle che vengono definite PMI (piccole e medie imprese), ne sono circa 760.000 (76% del totale imprese, pari a 996mila) e di cui l’86% di queste vengono definite «micro» (con fatturato minore di 2 milioni di euro).
Questo dato, preso in prestito dall’analisi 2018 di Banca IFIS, ci dice tanto di qual è il contesto entro il quale si sviluppano delle professionalità e a diretto riporto di quale stile manageriale si interagisce quotidianamente.
La maggior parte delle volte i vertici delle PMI sono occupati da imprenditori illuminati e di successo che non necessariamente sono anche manager e/o hanno le competenze manageriali per gestire le persone inserite nelle loro realtà.
Tale mancanza di competenze provoca reazioni diverse nelle risorse che “subiscono” tali comportamenti e non permettono lo sviluppo di professionalità che, in contesti diversi, sarebbero valorizzate diversamente.
La riconoscibilità del ruolo
In azienda esistono dei ruoli, o meglio devono esistere delle risorse che svolgono determinate mansioni, grazie a delle competenze sviluppate e/o in base ad attitudini consolidate.
In breve, il ruolo di una determinata risorsa, in un determinato contesto, serve per delimitare il perimetro di intervento (con la giusta flessibilità), definire le mansioni che quella risorsa svolgerà, le sue responsabilità, ed in contesti un po’ più strutturati, riuscire ad individuare le sue aree di miglioramento ed i suoi punti di forza.
Un ruolo ha bisogno di avere capacità di autonomia, di essere responsabilizzato, di poter comunicare in maniera corretta con i propri interlocutori avendo tutta una serie di informazioni disponibili, di prendere decisioni seguendo delle strategie condivise, ma anche e sopratutto di essere riconoscibile per se stesso ed agli occhi degli stakeholder con cui continuamente si interfaccia.
Conferire un ruolo ad una risorsa, senza il giusto “commitment” da parte di chi è gerarchicamente in una posizione decisionale superiore, altro non fa che svuotare quel ruolo da tutte le caratteristiche elencate prima e, nella peggiore delle ipotesi, rendere la risorsa solo ed esclusivamente operativa, nella misura in cui gli si dice cosa fare e quest’ultima esegue, senza alcun valore aggiunto.
Il tema della riconoscibilità del ruolo è centrale in questo discorso.
Quando si incentra tutto il potere decisionale su di una figura apicale, le figure professionali che si trovano nelle immediate “vicinanze gerarchiche”, si svuotano dell’autonomia, del coraggio di decidere, dell’assunzione di responsabilità, perché pensano che comunque vada alla fine decide Lei/Lui, la figura apicale, e tutto ciò avrà, in tempi anche brevi, delle ripercussioni negative sugli sviluppi del business.
Di contro, decentrare le decisioni, tenendo conto delle peculiarità e delle competenze di ogni singola persona, definendo tempi, perimetro di competenza e obiettivi, porterà benefici in termini di contributi positivi che potranno essere portati a supporto per lo sviluppo di determinate idea da attuare al meglio in attività pratiche.
Allora, per concludere, se è vero tutto quello che ci siamo detti finora, conveniamo nel pensare che dare mandato per attività, facenti parte o meno della stessa famiglia professionale, a uno o più risorse, tenendo conto del contesto macro di una organizzazione, darà sicuramente un impulso positivo allo sviluppo di un determinato business, ma, ancor più importante, permetterà a quella stessa organizzazione di coltivare professionalità che tramite le competenze che acquisiranno e le idee che sapranno “liberare”, guideranno con successo tutta l’organizzazione al raggiungimento di obiettivi posti oggi e da raggiungere in futuro.